Cosa succede al conto cointestato in caso di morte di uno dei cointestatari?
Il conto corrente con quanto in esso depositato, naturalmente, cade “in successione”, e, salvo prova contraria, si presume come abbiamo visto la titolarità in pari quote dei cointestatari.
Ciò significa che, sempre salva la prova contraria, agli eredi spetta soltanto la quota del defunto sul saldo esistente al momento del decesso.
In funzione di ciò, la Banca “congela” il conto corrente e lo mette a disposizione degli aventi diritto al termine degli incombenti relativi alla denuncia di successione.
Può però accadere che gli eredi o il cointestatario in vita (erede o meno-poco importa) abbiano l’interesse a far valere la prova contraria rispetto alla “presunzione” di appartenenza in pari quote ai cointestatari di quanto depositato sul conto, per dimostrare che il denaro appartiene ad uno solo dei cointestatari; gli eredi per dimostrare che l’intero ammontare cade in successione, il cointestatario per dimostrare che tutto l’ammontare è suo.
Spesso, infatti, accade che il conto corrente sia alimentato da denaro proveniente da uno solo dei cointestatari, e che la cointestazione sia soltanto il mezzo per consentire al cointestatario non proprietario dei fondi di disporne con il consenso del proprietario per varie ragioni, e, naturalmente, il cointestatario titolare effettivo del denaro ivi depositato ha interesse a dimostrare di esserne l’unico proprietario.
In altri casi avviene che il cointestatario non proprietario abbia disposto del denaro depositato, a volte anche al di fuori o addirittura contro la volontà del cointestatario proprietario, e conseguentemente ne scaturiscono controversie con gli eredi che hanno interesse a dimostrare che il denaro era di proprietà esclusiva del de cuius e che le operazioni attuate dal cointestatario hanno depauperato il conto corrente danneggiando il de cuius e gli eredi.