Il Passaggio Generazionale
C’è un momento nella vita in cui, per tutta una serie di motivi che è inutile analizzare anche per “scaramanzia”, ciascuno di noi si scopre a pensare alla sorte di ciò che siamo, di ciò che abbiamo faticosamente costruito o amministrato, delle cose, magari preziose o solo di valore affettivo, che possediamo, e che vorremmo non fosse distrutto, disperso, svalorizzato da chi verrà dopo di noi.
Nei miei ormai 30 anni di professione mi è capitato spesso di dover consigliare qualcuno in questa situazione, e sempre ho cercato di trasmettere al cliente di turno un concetto fondamentale: la legge predispone una serie di strumenti che ci consentono di esprimere la nostra volontà e di decidere, sia pure con qualche limite, per il nostro patrimonio (inteso nel senso più ampio) quale debba esserne la destinazione; si tratta innanzitutto di decidere se “subire” (noi, e chi verrà dopo di noi) il “passaggio generazionale”, o se gestirlo in modo consapevole ed attivo puntando ad ottenere il risultato che vogliamo raggiungere nel modo più indolore per noi e per chi verrà dopo di noi.
“Subire” il passaggio generazionale significa affidarsi sostanzialmente a quella che la legge definisce “successione legittima” o “ab intestato”, cioè senza testamento, in cui tutto ciò che possediamo viene devoluto secondo quote prestabilite dalla legge, ai parenti entro il VI° grado (secondo il principio per cui il grado più “vicino” esclude quelli più lontani, e con quote definite dalla legge per Coniuge, figli, ascendenti discendenti e collaterali) in forma “indivisa” e cioè senza che gli eredi percepiscano una parte individuata ed autonoma ad esempio delle proprietà immobiliari.
E’ evidente che una siffatta devoluzione è suscettibile di provocare problemi sia in sede di “valorizzazione” delle quote indivise, sia in sede di “divisione” delle proprietà indivise e non suscettibili di divisione in natura, come pure in sede di amministrazione del patrimonio “indiviso”, con conseguente elevata possibilità di contenziosi tra gli eredi; non solo, in una società in cui i legami famigliari si stanno “destrutturando”, la successione legittima, ad esempio esclude coloro che pur conviventi e legati da vincoli affettivi con il “de cuius” sono esclusi dalla successione.
L’alternativa è data dalla possibilità di decidere e di manifestare la propria volontà sia attraverso un testamento (olografo o pubblico, poco importa), sia attraverso la scelta e l’utilizzo di un sapiente “mix” di diversi “istituti giuridici”, alcuni di natura testamentaria, altri da adottarsi in vita, che consentono di realizzare, in parte anche “anticipatamente” il risultato che si vuole ottenere, evitando in radice, o quantomeno limitando all’essenziale, la possibilità di futuri contenziosi, con la possibilità di scegliere, sia pure con qualche limite, anche di favorire l’uno o l’altro erede, o di individuare beneficiari anche al di fuori della stretta cerchia famigliare.
Ciò che è fondamentale per un professionista che debba “costruire” un passaggio generazionale, è il confronto aperto e “totale” con il cliente per comprendere innanzitutto la consistenza e la forma dell’intero patrimonio della “generazione uscente”, da un lato, e dall’altro le esatte volontà, da tradurre in “fattispecie giuridiche” idonee ad ottenere il risultato, in ordine alla destinazione del patrimonio o delle singole parti di esso.
Per il caso, ad esempio in cui, si tratti di decidere, nell’ambito del patrimonio, della sorte di una “azienda di famiglia”, dal 2006 sono state introdotte nel C.C. le norme relative ai “patti di famiglia” di cui vi parlerà il not. Romano, che consentono di concordare in vita con gli eredi, senza la spada di Damocle della nullità dei patti successori, la sorte dell’intero patrimonio.
Altri “istituti” che possono utilmente essere utilizzati in sede testamentaria sono i “legati”, o il “legato in luogo di legittima”, che consentono di organizzare testamentariamente una “divisione” del patrimonio attribuendo agli eredi delle parti individuate del patrimonio.
Anche l’utilizzo della possibilità di suddividere la proprietà immobiliare tra “usufrutto” e “nuda proprieta” con il consolidamento in morte dell’usufrutto a favore del nudo proprietario è uno strumento che può essere studiato ed adottato per devolvere ad un erede un bene individuato.
Ancora, con riferimento al denaro e alle partecipazioni azionarie, si possono utilizzare gestioni ed intestazioni fiduciarie, avvalendosi di serie e valide organizzazioni a ciò strutturate, oppure ci si può avvalere, con le debite accortezze, delle assicurazioni vita, dei conti correnti cointestati, o di altri contratti bancari.
Infine, e varrebbe la pena di organizzare un convegno ad hoc, recentemente è stata introdotta in Italia anche la possibilità dei “Trust”, che consentono ad esempio di non devolvere agli eredi il patrimonio ereditario o parte di esso, ma di conferirlo nella apposita gestione al fine di erogare agli eredi soltanto i frutti del patrimonio conferito.
Insomma, l’unico limite è rappresentato dalla fantasia del “disponente” e dalla professionalità del consulente che deve tradurla in pratica, ed è fondamentale la collaborazione tra professionisti di diverse specialità, Avvocato, Commercialista e Notaio (in rigoroso ordine alfabetico e non di importanza) che collaborino in team ed in sinergia con il cliente per raggiungere nel modo più soddisfacente il risultato desiderato.
Un ringraziamento profondo da parte dello Studio Legale Boetti-Villanis va a Domenico Valle Direttore del Privat di Banca Generali che ha organizzato l’evento, e a tutti gli intervenuti.
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