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Il Cliente, erede di una zia, nell’inventariare i beni caduti in successione, ha rilevato che la zia, tempo addietro, aveva affidato buona parte del suo patrimonio in denaro ad un consulente finanziario, bonificandolo sul conto corrente del consulente che tramite il proprio conto provvedeva agli investimenti ed alla gestione.
Richiesta al consulente la restituzione del denaro, questi rispondeva che, in realtà, egli non aveva ricevuto il denaro in gestione, ma che, in ragione degli stretti rapporti di amicizia con la zia, quest’ultima aveva voluto donarglielo con un atto di liberalità tant’è che dopo un primo periodo di cointestazione del conto corrente su cui era versato il denaro, era stata la zia stessa ad ordinare un bonifico dell’intera giacenza sul conto esclusivamente intestato al consulente.
A fronte della risposta del consulente che rifiutava la restituzione del denaro all’erede, non restava che promuovere parallelamente un esposto in sede penale per l’appropriazione indebita della somma, e la causa civile per la restituzione dell’importo.
In sede penale il direttore della banca presso cui i conti erano intrattenuti, chiamato a testimoniare confermò la volontà della zia di “donare” la somma al consulente, ma in sede civile, oltre alla richiesta di restituzione dell’importo a seguito dell’appropriazione indebita, sostenemmo anche la nullità della donazione del denaro, perché, trattandosi di una “donazione diretta” di un importo di non modico valore, ovvero un trasferimento diretto di una cosistente quantità di denaro senza l’utilizzo di un “negozio giuridico” diverso dalla donazione per raggiungere lo scopo donativo, la donazione era radicalmente nulla a norma dell’art. 782 Codice Civile, la donazione deve essere fatta, a pena di nullità con atto pubblico rogato da un notaio alla presenza dei testimoni.
Nel corso del processo civile il consulente finanziario tentò di sottrarsi all’obbligo di restituzione conseguente alla nullità della donazione, sostenendo che non si sarebbe trattato di donazione “diretta”, ma “indiretta”, tramite un contratto bancario, il bonifico, che, a suo dire, l’avrebbe sottratta dalla nullità.
Il Tribunale però, sulla base delle dichiarazioni del direttore di banca, ed interpretando la donazione, con il supporto della prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità che avevamo menzionato nei nostri atti difensivi, accolse la tesi della nullità e condannò il consulente finanziario alla restituzione degli importi con interessi, e con il rimborso delle spese legali sostenuta dal Cliente.
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