Il decreto legislativo 231 del 2001 ha introdotto la responsabilità penale degli enti, società e associazioni, che a qualunque titolo svolgono attività di impresa, congiunta a quella della persona fisica che pone in essere un illecito penale nel suo interesse o a suo vantaggio, con incidenza in ultima istanza sugli interessi economici dei soci.
Ne consegue come una società, a seguito di un reato commesso da persona che riveste funzione di rappresentanza, di amministrazione o direzione e da persona ad essa sottoposta, salvo che questi abbia agito nell’esclusivo interesse personale, può incorrere in provvedimenti sanzionatori, aventi duplice natura: pecuniaria ed interdittiva.
La pena pecuniaria può raggiungere massimali elevatissimi (a titolo semplificativo, per taluni reati se dal fatto-reato l’ente ha conseguito un profitto, la pena va da un minimo di oltre 50 mila euro ad un massimo di quasi 10 milioni di euro).
La pena interdittiva, che può essere comminata anche in via cautelare, comporta il divieto di contrarre con la P.A., l’esclusione di agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi con revoca di quelli eventualmente già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi, fino ad arrivare all’interdizione dell’attività e alla confisca.
I reati in questione sono quelli inerenti ai rapporti con la P.A. che vanno dalla corruzione al peculato, dalla malversazione alla indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato oltre ai reati societari e di falso, mentre con la l. 146/2006 si è estesa, tra le altre, alla responsabilità degli enti in ordine ai reati di criminalità organizzata e di riciclaggio.
Tuttavia il decreto 231/2001 prevede ed afferma l’esonero da responsabilità dell’ente se dotato di effettivi modelli organizzativi gestionali e di controllo, che in quanto tali debbono prevedere l’identificazione delle sfere di attività rischiose; la determinazione di un codice etico-comportamentale; la predisposizione di un autonomo organismo di controllo.
La diffusione di tali modelli è andata ad accrescere negli anni anche in considerazione della continua espansione della materia, al punto che si prevede in un prossimo futuro che le principali società ed enti predisporranno l’inibizione a trattare con società o enti sprovvisti di un modello organizzativo, così da evitare il coinvolgimento in vicende giudiziarie.
Esemplificativo è il dato che vede l’85% delle imprese statunitensi che, a partire dal 1991 ad oggi, si sono dotate di analoghi modelli organizzativi.
L’idonea predisposizione del Modello di organizzazione, gestione e controllo e la predisposizione di un preposto organismo di vigilanza sono requisiti dirimenti per l’Ente che li adotta, e con effetto giuridico per la tutela di carattere penale e con effetto d’immagine imprenditoriale, che ne deriva.
Ne consegue come la predisposizione dei Modelli organizzativi e l’esercizio della vigilanza sono attività che richiedono una competenza specifica che non può esere delegata, come purtroppo spesso accade, ai prestampati non specifici acquistabili nei negozi specializzati di cancelleria, o, peggio che mai, copiati da internet, ma debbono essere gestiti da professionisti che sappiano interpretare al meglio le peculiari necessità di ciascuna azienda.