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Il Cliente, nota azienda di design industriale, riceve da un suo cliente l’incarico di disegnare alcuni bozzetti di un particolare esteticamente identificante di un oggetto. Il Cliente produce una decina di bozzetti che sottopone al committente che, secondo gli accordi, avrebbe dovuto sceglierne uno o più, per impostarne la produzione industriale, nell’ambito di un accordo con il designer che avrebbe previsto una remunerazione a “royalties” per ogni pezzo prodotto.
Esaminati i bozzetti, però, il committente si dichiarò insoddisfatto del risultato e decise di non scegliere alcuna delle proposte, e con ciò, pagata l’attività del designer il rapporto si interrompe.
Alcuni mesi dopo, nel corso di una fiera di settore il designer trova una brochure in cui il committente riproduce la fotografia di un prodotto il cui “paradigma estetico” è chiaramente derivato da uno dei bozzetti a suo tempo fornitigli dal designer, che è stato utilizzato ai fini della produzione dell’oggetto, attribuito, per di più, all’opera di un altro designer.
Questi i fatti come riferiti dal cliente che riteneva di aver subito una lesione dal comportamento del committente.
Dopo aver richiesto al Giurì del Design un parere sulla derivazione evidente dell’aspetto estetico dell’oggetto prodotto dal committente dal bozzetto elaborato dal designer, e dopo aver tentato un approccio transattivo con il committente, visto l’esito negativo, il Cliente si è deciso a promuovere una azione giudiziale.
La situazione era piuttosto difficile dal punto di vista tecnico giuridico, perché, nonostante fosse evidente la derivazione del paradigma estetico dell’oggetto prodotto dal committente dal bozzetto elaborato dal designer, non era altrettanto immediata la qualificazione giuridica dell’abuso fattone dal committente in mancanza di un contratto che definisse i rapporti tra le parti per il caso in cui il committente non avesse, come è avvenuto, alcuno dei bozzetti presentatigli.
Nel dubbio abbiamo proposto una azione in cui, premessi i fatti, si chiedeva la condanna del committente, in via alternativa, per concorrenza sleale sotto il profilo dell’imitazione servile, per danni contrattuali laddove si considerasse una violazione dell’originario contratto con cui il committente incaricò il designer di produrre i bozzetti, per danni precontrattuali o extra contrattuali per l’ipotesi in cui al violazione del committente fosse connessa alla fase successiva alla consegna dei bozzetti ed alle trattative successive, o comunque al fatto che l’utilizzo del bozzetto fatto dal committente senza pagarne il corrispettivo, di fatto impediva al designer di sottoporlo ad altri eventuali clienti che avessero voluto procedere alla produzione e commercializzazione, ed infine per l’ipotesi di “arricchimento senza causa” connesso all’utilizzo del bozzetto senza l’autorizzazione del designer e senza una remunerazione dello stesso.
A seguito del giudizio il Tribunale condannò il committente al pagamento dei danni, tra l’altro in misura consistente, considerandoli un danno extracontrattuale conseguente al fatto che l’utilizzo industriale del bozzetto da parte del committente, di fatto impediva al designer di farne un lucro sottoponendolo eventualmente ad altri potenziali clienti per la produzione industriale dello stesso oggetto, e trarne così un vantaggio economico.
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